26/05/2021

Strategie a pagamento per generare traffico sugli ecommerce

Carlo Conti e Matteo Manni sono rispettivamente responsabile della parte commerciale e ecommerce manager di Hostinato, agenzia partner di PrestaShop. Con loro analizzeremo le strategie che si possono impiegare per generare traffico a pagamento.

 

Marco Salvatore: Vi chiedo di presentarvi, di presentare Hostinato e quali sono i servizi che offre.

Carlo Conti: Siamo un’agenzia platinum partner PrestaShop, siamo partner del CRM HubSpot e siamo Google Partner. Lavoriamo in questo campo dal 2014 e abbiamo una certa esperienza nel mondo ecommerce, avendo realizzato e gestito circa cento progetti. I servizi che offriamo, non sono solo quelli relativi alla realizzazione di siti ecommerce, ma tendenzialmente partiamo da una pianificazione strategica. La strategia, secondo noi, è vitale per la sopravvivenza stessa dello store, per porre delle fondamenta solide per un business online e non rischiare di investire in modo avventato. Una volta che abbiamo fatto la strategia e siamo andati online dopo aver realizzato la piattaforma, ci occupiamo di tutto ciò che riguarda il miglioramento dei tassi di conversione: quindi, migliorare l’esperienza utente, migliorare la grafica, migliorare le funzionalità installando e configurando moduli aggiuntivi che si possono trovare sull’Addons di PrestaShop. Successivamente affianchiamo al cliente un professionista che si occupa della conduzione del progetto e, attraverso i dati, migliori i tassi di conversione partendo dall’aumento del traffico, dei clienti e fidelizzandoli. In tutto ciò c’è offriamo anche l’assistenza tecnica sul sito, poiché Hostinato ha anche un team di programmazione e sviluppo, piuttosto folto ed esperto. Ci occupiamo anche di integrare la piattaforma ecommerce con canali esterni, che possono essere i marketplace o software terzi. E poi, molto spesso, i clienti ci chiedono di sviluppare dei moduli o delle funzionalità custom perché hanno esigenze molto particolari che non sono state sviluppate da nessuno.

 

M.S.: Bene, quindi da quel che ho capito siete in grado di coprire buona parte di quello che serve di un progetto ecommerce o di comunicazione. Con voi oggi parleremo di traffico a pagamento, cercando di vederlo dal punto di vista di un’agenzia. Secondo voi, in che fase della strategia dello shop bisogna inserire le campagne a pagamento?

C.C.: Questa è una domanda abbastanza complessa. Come sempre, in questi casi io rispondo: dipende. Dipende da qual è la situazione in cui si trova l’ecommerce. Diciamo che nel pensiero comune si può pensare che una campagna pay per click dia maggiori probabilità di attrarre degli utenti che finalizzino l’acquisto. In effetti è così: ci sono state delle ricerche che dicono che quando si fanno degli acquisti online che derivano da una ricerca, il 64-65% delle ricerche avviene con il primo click fatto su un annuncio. Quindi, tendenzialmente, il pay per click potrebbe essere più efficace per finalizzare gli acquisti rispetto per esempio alla ricerca organica. Però, detto questo, in realtà bisogna capire qual è il punto di partenza dell’ecommerce, in quanto potrebbe essere un sito appena creato e ci si può chiedere: è abbastanza conosciuto? Normalmente, le fasi per un buon business online sono tre: la prima è la fase di attrazione, poi c’è una fase di coinvolgimento e quella più importante è la fase di fidelizzazione. La fase di attrazione è quella in cui costruiamo il pubblico di riferimento attraverso i contenuti del sito e una buona usabilità creo la community. Una volta creata, devo fare in modo nella seconda fase di trasformarli in clienti: a questo proposito esistono altre strategie come marketing automation o contenuti di marketing predittivo. Alla fine devo fare in modo che questi clienti tornino ad acquistare così che il loro valore aumenti. Il pay per click si può inserire in ognuna di queste fasi, dipende dall’obiettivo che si pone l’azienda in quel momento. Se non ha abbastanza traffico sul sito, per esempio, si possono fare campagne di brand awareness per creare molto traffico oppure fare lead generation per fare un database di contatti su cui fare follow-up. Oppure ho abbastanza traffico, allora posso fare delle campagne il cui obiettivo sarà di aumentare le conversioni. Classico esempio: gli utenti che abbandonano tanti carrelli. In questo caso ci sono delle strategie per recuperare i carrelli abbandonati, aumentando le revenue. Per quanto riguarda la fidelizzazione, posso usare un pubblico personalizzato per fare delle campagne per andare a sollecitarli a fare nuovi acquisti o per aumentare il loro carrello. Tendenzialmente posso usare il paid in tutte queste fasi, va sempre studiato qual è la situazione in cui ci troviamo. Anche nel momento in cui ho un ecommerce maturo, conosciuto, che genera tanto traffico, ha molti clienti che acquistano e molti clienti fidelizzati, ciò non toglie che queste tre fasi possano essere seguite. 

 

M.S.: Quali sono le differenze fra le campagne a pagamento su Google e quelle su Facebook e Instagram.

C.C.: Facebook va a intercettare la domanda latente. Normalmente gli utenti su questo canale non sono in una fase avanzata decisionale di acquisto. Mentre su Google si vanno a intercettare utenti che fanno ricerche più approfondita e quindi più vicini alla fase decisionale. Ci sono una serie di differenze legate principalmente ai dati che riescono ad acquisire: Facebook riesce a targettizzare secondo il comportamento e le preferenze d’acquisto degli utenti, perché tutti mettiamo dei Like su determinati prodotti o pagine, seguiamo determinati gruppi e mostriamo i nostri interessi. Quindi, se vado a fare delle sponsorizzazioni posso targettizzare su degli interessi oppure su degli eventi a cui possono partecipare quegli utenti. Poi posso comunque utilizzare dei pubblici personalizzati sulla base del database di CRM e, sempre sulla base di questi pubblici personalizzati, è possibile anche fare i cosiddetti lookalike. Su Google, invece, la pertinenza degli annunci è fondamentalmente sulla base dei termini di ricerca e quindi ciò che conta sono le parole chiave, la località, il dispositivo, la lingua. Ha meno dati rispetto a Facebook riferiti al pubblico. Un'altra differenza che salta all’occhio è il costo per clic: su Facebook tendenzialmente è più basso e quindi Facebook viene visto come più conveniente, anche se sul lungo periodo i tassi di conversione su Google sono più alti. Di conseguenza, si paga di più il costo per click, ma si hanno conversioni maggiori. Un’altra grossa differenza sta nel fatto che Facebook va a guardare il valore del brand, mentre su Google questo non è possibile e dà importanza a dove atterra l’utente una volta che ha cliccato sull’annuncio. Facebook, poi, offre strumenti di analisi semplificati, mentre quelli di Google consentono analisi più approfondite.

 

M.S.: Fatte le dovute differenze fra i padroni del mercato, avete dei consigli per settare le campagne?

Matteo Manni: Sicuramente la definizione del target è uno dei primi aspetti: non deve essere generico, ma abbastanza specifico. Si può magari partire dalla costruzione di una buyer personas, ma poi si può entrare più nello specifico creando dei segmenti di utenti più profilati ragionando in termini di affinità o di interessi, per intenzioni di acquisto, per il remarketing, dati demografici e così via. Un altro aspetto importante è la geolocalizzazione, per restringere il target geografico e la lingua. Un’altra best practice è la buona organizzazione della struttura della campagna, perché altrimenti può influire negativamente sia sulla gestione che sulle performance della campagna. Ogni campagna deve essere considerata come un ecosistema perfettamente in equilibrio. Si parte dalla campagna, che è la fascia più alta, si passa al gruppo di inserzioni, che in sostanza definiscono il target di riferimento, per poi passare all’inserzione vera e propria, che contiene il materiale che visualizzano gli utenti. Poi è chiaro che dipende sempre dal tipo di obiettivo e dal tipo di campagna. L’aspetto successivo è la definizione delle keyword corrette, che devono essere correlate all’attività, al prodotto o al servizio, soprattutto se mi trovo in un terreno molto concorrenziale. Occorre fare una keyword research, che indichi le keyword giuste e quelle generiche per evitare di tanto traffico ma di qualità o viceversa portare poco traffico molto specifico, ma che mi costa parecchio in termini di budget. La landing page, poi, è fondamentale: abbiamo fatto tutto quello che era necessario, ma questo non potrebbe essere sufficiente per monetizzare. Quindi, occorre creare delle pagine che siano pertinenti con ciò che si promette nell’annuncio, contenenti le informazioni che l’utente sta cercando, sia per l’utente che per Google, il quale analizza la landing e attribuisce un punteggio. In ambito ecommerce, poi, c’è la fase di checkout: magari si sta portando il target giusto, che è intenzionato all’acquisto e gli sto proponendo il prodotto giusto, ma ho un checkout che non favorisce l’acquisto.

 

M.S.: Secondo voi è utile per il proprio business è utile acquistare indirizzi email per “spammare” il più possibile per far conoscere il proprio brand?

C.C.: Secondo noi, comprare delle liste è abbastanza inutile. Questo non significa che avere un database di email non sia un patrimonio per chi fa business digitale e online. È molto utile avere una mailing list per riuscire a recuperare le persone che mostrano un interesse nei confronti di un ecommerce, ma non hanno convertito. La strategia potrebbe essere quella di fare delle campagne per fare lead generation e una volta rassicurato il cliente sulla protezione della privacy, lo si incentiva con un reward. Una volta che ho il suo dato lui si aspetterà un messaggio di valore. Se si compra una mailing list, invece, chi riceverà una mail non se lo aspetterà e i tassi di apertura saranno bassissimi.

 

M.S.: Tornando al paid traffic, come si programmano le campagne spot e quelle continuative?

M.M.: Dipende dalla strategia e dagli obiettivi che vogliamo raggiungere. A monte ci deve essere comunque una strategia di marketing che deve essere definita. Quindi, definire l’obiettivo della campagna è sicuramente il primo step e dopo possiamo scegliere fra campagne spot o continuative. Possiamo fare una campagna spot se abbiamo un obiettivo a breve termine, ma deve essere monitorata costantemente. Le campagne continuative sono definite in una strategia di medio-lungo periodo. Secondo le best practice si va ad allocare il massimo budget possibile, definendo una spesa giornaliera relativamente bassa che andremo ad aumentare se le performance sono positive.

 

M.S.: È necessario investire contemporaneamente sul paid traffic che sulla SEO?
C.C.: Normalmente si adottano delle strategie olistiche, portando avanti sia il traffico paid che organico. Questo perché è difficile che un ecommerce si tenga in piedi solo con le sponsorizzate. La SEO è una maniera per acquisire un posizionamento di alto livello, che dà un valore che si manterrà nel tempo. Questo significa che ha delle ripercussioni a livello di brand, perché dà credibilità e autorevolezza. Al tempo stesso è utile fare pay per click perché i tempi si restringono, specie per quegli ecommerce che hanno poco traffico.

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