22/09/2021

Come si vendono i ricambi per Porsche d’epoca?

Dopo la pausa estiva, riprendono i PrestaShop Live Talks, che, come di consueto ci consentono di conoscere i protagonisti della scena ecommerce in Italia, le loro best practice e, soprattutto di prendere spunto dai loro successi. Oggi siamo con Gianmarco Avagliano, proprietario di Mavment, sito che commercia ricambi per automobili storiche e, nello specifico, per automobili Porsche.

Marco Salvatore: Come ogni martedì, alle ore 16:00, torniamo con le Live Talk, sia su YouTube che su Facebook. Oggi c’è un merchant, poi ci saranno i tech update, un industry partner, che spiega le funzionalità della partnership, e  un expert talk, con un focus particolare Oggi con me c’è Gianmarco Avagliano, proprietario e CEO di Mavment. Come va Giammarco, tutto bene?

Gianmarco Avagliano: Tutto bene, Marco, grazie. Dopo uno stop estivo abbiamo ripreso. Questa è stata la settimana “più dura”, perché c’è stato un volume più elevato di richieste dovuto al fatto che sono tutti rientrati quasi tutti nello stesso momento. Settembre per noi è comunque un mese di ripartenza.

 

M.S.: Come nasce Mavment, quindi? Un po’ di storia, il settore, il fatturato?

G.A.: Mavment nasce per gioco, come hobby di mio zio che era appassionato di vetture, meccanica e tutto quello che riguarda questo mondo. In giro per l’Europa per varie ricerche su prodotti particolari, si imbatté con una persona in Germania, un tedesco, che si occupava, e si occupa ancora oggi, esclusivamente di ricambi Porsche. Iniziò una chiacchierata per diventare partner, visto che in Italia questa persona non conosceva nessuno e gli piaceva la professionalità con cui mio zio affrontava l’argomento. Fu deciso un budget, mentre in Italia si organizzò la parte burocratica. Era il 2011-12 e tutto nacque da una conversazione fra amici e mio zio, che faceva altro nella vita, inizia questa avventura. Io sono subentrato circa un anno e mezzo dopo, perché all’epoca avevo una ventina d’anni, e iniziammo a collaborare partendo da cose semplici: fotografie, benchmark, aggiunta di prodotti a catalogo. Il sito era molto semplice: un sito vetrina, che non consentiva di fare acquisti e non aveva particolari funzioni. Semplicemente si aggiungeva al carrello la merce che serviva al cliente e noi addirittura ricevevamo una mail da gestire manualmente. Successivamente c’è stata una disgrazia, perché mio zio è venuto mancare improvvisamente e quindi mi sono trovato nella condizione di dover scegliere se provare ad andare avanti così oppure a chiudere tutto e a guardare altrove. È stata un po’ una sfida per me, per via dell’età e dell’inesperienza - era un settore che io non conoscevo per nulla - ma ho preso in mano questa azienda, che all’epoca era una società personale e sono partito realmente con un foglio, rispondendo alle chiamate che arrivano sul cellulare di mio zio dopo l’accaduto e cercando di ricostruire un po’ tutto il mondo che aveva creato lui. Da lì tutta l’evoluzione che c’è stata successivamente. Un primo step è stato fatto negli anni successivi. Fra il 2014-15 abbiamo fatto un po’ di rodaggio, perché ovviamente bisognava fare esperienza: quando ti chiama un cliente di una nicchia così specifica, lui la conosce bene perché è la sua passione. Di conseguenza devi mostrare di avere le competenze per poter gestire la sua richiesta, perché se ti chiede un determinato prodotto, che non sia solo una gomma o un paraurti, devi sapere che cos’è. Abbiamo iniziato con un gestionale gratuito, poi abbiamo fatto un upgrade e abbiamo implementato PrestaShop nel 2015. Così abbiamo iniziato a parlare di ecommerce, quello vero. Il primo sito che abbiamo aperto con PrestaShop 1.6 aveva circa 8-900 prodotti, che avevamo importato dal vecchio sito. Da lì in poi, un po’ con i software, un po’ perché ci siamo rimboccati le maniche e quindi abbiamo iniziato a masticare realmente del settore, è stato più facile. Quindi 2016-17-18 è stato un anno di incremento: un po’ trainati dalla piattaforma, un po’ trainati dal fatto che in una giornata riuscivamo a fare anche dieci preventivi abbiamo avuto un incremento del 200%. Noi che inizialmente ci chiamavamo PorscheFarm perché, appunto, tutto era nato per gioco. Nel 2019, quando abbiamo iniziato a fare un po’ più seriamente, per non incorrere in problemi, abbiamo deciso di passare a Mavment. Non è stato facile far capire alle persone che c’è stato un passaggio, però ci siamo presi con l’esperienza, con le competenze, quel posto che nella mente delle persone che era associato a PorscheFarm o, comunque, ad altri brand. Nel 2020 siamo partiti bene, poi c’è stato un problema che, purtroppo, ci stiamo portando dietro da un po’ di tempo. Noi siamo andati avanti, abbiamo aperto la parte blog scrivendo articoli tutte le settimane, abbiamo organizzato la newsletter in un certo modo. Insomma facciamo tante attività e le portiamo avanti al di là che quella che è la sola e semplice vendita del prodotto al cliente.

 

M.S.: Come si sta evolvendo il canale ecommerce nel tuo settore, che è molto di nicchia?

G.A.: Per dare un’idea della nicchia in cui operiamo, basta chiedersi quanti amici o quanti familiari posseggono una Porsche. Fra questi, quanti di loro posseggono un’auto d’epoca, visto che noi siamo specializzati in vettura d’epoca. Io credo che il 40-60% di persone diranno di non conoscere nessuno e questo fa comprendere qual è la nostra nicchia. In Italia, prima di noi, c’erano tre o quattro aziende che facevano un lavoro simile al nostro, oltre alla rete ufficiale dei concessionari. Queste aziende, condizionate dal fatto che non vi fosse concorrenza, ci hanno permesso di entrare in un settore poco evoluto. Siamo partiti facendo una cosa diversa da queste, andando su internet, mentre gli altri imprenditori erano vecchio. Noi siamo partiti molto prima e ci siamo trovati a dover quasi educare questa nicchia, fatta da persone con un’età media intorno ai 40-60 anni, che erano abituate ad avere a che fare con il rivenditore a telefono. Oggi ci scontriamo comunque ancora con una realtà di persone che vogliono mandarci il fax per fare l’ordine oppure lo vogliono fare telefonicamente, non capendo che se vai sul sito trovi tutti i prodotti, tutti i prezzi, tutti i tempi di consegna, tutte le modalità di pagamento. Nonostante ci siamo avviati verso un’evoluzione, non è facile anche perché ci sono persone che tuttora hanno poca dimestichezza col PC.

 

M.S.: Chi sono i tuoi clienti? Lavorate più in Italia o più all’estero?

G.A.: In virtù del fatto che ci siamo avviati in tempo, e quindi ci siamo strutturati prima e magari abbiamo fatto anche un po’ di gavetta prima di arrivare ai risultati che facciamo oggi, siamo leader per quanto riguarda il mercato italiano, siamo certamente i più conosciuti e siamo quelli da tenere in considerazione in questo settore. La nostra forza iniziale è stato il passaparola: non facendo nessun tipo di attività o lavoravamo bene oppure il passaparola non ci sarebbe stato. Quindi il nostro sottofondo iniziale è stato questo: lasciare una scia di clienti soddisfatti - ovviamente continuiamo a farlo anche oggi - piuttosto che investire grosse cifre di sponsorizzate e campagne massive. Il nostro cliente tipo, oggi, è una persona di età media compresa tra 40 e 60 anni. Il nostro mercato principale è l’Italia per una nostra scelta operativa. Ci confrontiamo comunque con il mercato estero, però non andiamo a irrompere in meccanismi di altri paesi, dove ci sono determinate abitudini sulla gestione degli ordini, metodi di pagamento preferiti diversi da quelli che utilizziamo noi, cultura diversa, procedure e normative diverse. È stata una scelta operativa dettata sia da un discorso di risorse, che di tempo e quindi di forze reali per affacciarsi a un mercato che non era il nostro. Quest’anno abbiamo lanciato anche la versione in inglese del nostro sito e, con essa, abbiamo iniziato questo processo di espansione. Ovviamente negli anni abbiamo comunque gestito ordini provenienti dall’estero. Oggi, però, devi garantire soprattutto un servizio, perché noi siamo stati nati in virtù del fatto che offrivamo un livello elevato, che spesso superava quello che era il magazziniere del concessionario. andare all’estero significherebbe offrire lo stesso servizio, scontrarsi con realtà più grandi della nostra e quindi dover investire tempo materiale.

 

M.S.: Quanti prodotti gestite e come avete organizzato le categorie?

G.A.: Come dicevo siamo partiti da un sito relativamente piccolo, con 8-900 prodotti. La premessa è questa: noi lavoriamo sul bisogno, nel senso che possiamo fare qualsiasi scontistica, possiamo fare qualsiasi promozione dedicata a un prodotto, ma se dei 100 clienti che la leggono 100 persone non hanno la necessità in quel momento di quel pezzo, la campagna può essere bella, può essere graficamente accattivante può essere interessante come prezzi e qualsiasi altro parametro, però se non c’è un reale bisogno la gente non acquista. Attualmente, gestiamo un catalogo di circa 45 mila prodotti e, quindi, abbiamo avuto un incremento esponenziale proprio dovuta al fatto che, con l’allargarsi della clientela e con i bisogni più disparati, ci siamo dovuti adeguare. In più abbiamo comunque la possibilità di ordinare tutto ciò che fa parte dei cataloghi della rete ufficiale. Non solo ricambi per auto moderne, ma parliamo anche di oggettistica, di abbigliamento perché il mondo Porsche non si limita solo a vetture e ricambi, ma c’è tutto un mondo attorno a Porsche. Come dicevo, abbiamo circa 45 mila prodotti, ma bisogna considerare che questi prodotti coprono vetture dagli anni Cinquanta agli anni Duemila, quindi c’è poi tutto il ventennio successivo che non è implementato. Le categorie sono state il primo scoglio da superare quando abbiamo deciso di iniziare a fare sul serio. Il nostro pubblico varia dal privato che possiede una macchina in garage, però fa tutt’altro e quindi di macchine ne capisce solamente l’accensione, fino ad avere professionisti e aziende leader nel settore, quindi persone che nel settore hanno nomi importanti. La difficoltà è stata: come facciamo a creare un portale sul quale il privato e il professionista riesce a trovare il prodotto pur appartenendo a mondi diversi. Abbiamo cercato di semplificare quanto più è possibile il filtraggio, le ricerche, e abbiamo cercato di riproporre la gestione che hanno le grandi case automobilistiche per andare incontro anche al professionista che ha già esperienza sull’argomento. Ci siamo basati su uno schema di filtraggio su tre livelli, molto semplice, che parte dalla scelta del modello fino ad arrivare alla sottocategoria specifica. Banalmente potevamo filtrare per tipologia di prodotto. Sarebbe stato un po’ più difficile poi far trovare il prodotto giusto per la tipologia di vettura. Quindi abbiamo scelto di far filtrare prima il tipo di vettura, così chi entra in quella categoria già sa che tutti i ricambi che trova sono per la sua macchina. In più, ovviamente, abbiamo ottimizzato in maniera più estrema possibile la scheda prodotto, cercando di far visualizzare ma primo a primo impatto è già tutte le informazioni che il cliente cerca.

 

M.S.: Non ci sono problemi per quanto riguarda le performance dello shop?

G.A.: No, abbiamo abbinato tutto comunque a servizi di hosting dedicato. È ovvio che per far girare una macchina importante, quale può essere un sito così grande, deve abbinare dei servizi dedicati che contemplino la possibilità di non avere un limite.

 

M.S.: Parliamo di marketing: attualmente, qual è il vostro mix per per acquisire clienti e magari quali canali utilizzati?

G.A.: Partendo sempre da dove veniamo, inizialmente ci siamo basati molto sul passaparola. Eravamo comunque limitati come canali. Crescendo con i volumi, e crescendo con tutto quello che c’è dietro al sito, ci siamo posti il problema di dover raggiungere quanti più canali possibile. Il cliente, per una questione di brand authority, ci può trovare su Facebook, dove facciamo determinate attività, su Instagram che seguiamo in un certo modo, sul sito con il blog, che parla di determinati argomenti. Facciamo un lavoro multicanale: quindi marketplace, nello specifico utilizziamo eBay, gestiamo delle sponsorizzate su Google e facciamo Facebook advertising. Abbiamo sia la pagina Facebook sia un gruppo chiuso Facebook, dove facciamo attività diverse: il gruppo è dedicato ai veri appassionati che si incontrano per parlare della propria passione e non è un posto dove vendiamo il prodotto. Sono persone che hanno piacere ad incontrarsi con altre persone con le quali condividono una passione. A breve, è in programma anche l’apertura di un canale YouTube, perché faremo delle live con i professionisti del settore: carrozzieri, venditori di auto, restauratori, piloti, persone che hanno contribuito a libri, riviste, club. Insomma, cercheremo di lanciare un programma che è tutt’altro che la vendita di prodotti. Cerchiamo di dare di dare valore al cliente perché essendo una passione è giusto che venga completata da chi si occupa di passione. Per esempio, facciamo attività di newsletter, riportando, oltre alle notizie del blog che scriviamo noi, anche notizie che collegano a siti esterni che parlano di Porsche.

 

M.S.: Parliamo anche di retention, cioè cosa fate per mantenere i clienti?

G.A.: Il grosso è questo: noi seguiamo il cliente già fin da prima che diventi nostro cliente. Forniamo una consulenza, forniamo assistenza sul sito durante l’acquisto, perché gran parte dei clienti non ha competenze sul PC, e continuiamo a seguirlo nel post vendita, nel senso che dopo 4-5 giorni che la merce è arrivata telefoniamo per sapere se è tutto a posto, se la merce è corretta, se ci sono problemi. Ci siamo trovati anche nella situazione in cui abbiamo aiutato persone che hanno fatto ordini negli anni precedenti, i cui pezzi sono avanzati o che magari il carrozziere ha scoperto che il pezzo che aveva ordinato era sbagliato e noi comunque lo aiutiamo. Prendiamo il problema del cliente e lo gestiamo nella migliore maniera e cerchiamo di lasciarlo soddisfatto. Quello che dico io: anche se non al cliente non risolviamo il problema, deve essere soddisfatto di come abbiamo affrontato il problema, perché ci siamo messi nei suoi panni e anche se non c’è una soluzione, perché può capitare, il cliente deve avere la consapevolezza che il suo problema è stato gestito nel migliore dei modi. Questo lascia comunque al cliente quel valore aggiunto che non è non è da tutti.

 

M.S.: Come gestite i pagamenti, cioè quali sono stati i criteri che avete utilizzato per selezionare i tipi di pagamenti che utilizzate e che sono disponibili sul sito? E, nel caso, se vi è capitato di gestire magari delle frodi.

G.A.: Per quanto riguarda i pagamenti, facendo un excursus dalla nascita ad oggi, siamo partiti con pagamenti classici: bonifico, contrassegno, PayPal. In questo modo abbiamo coperto sin dall’inizio chi dieci anni fa già utilizzava PayPal, perché era un po’ più avanti rispetto al 60% della popolazione italiana, che contrassegno per i più diffidenti, andando a dare comunque un servizio al cliente che ha meno fiducia e all’inizio vuole provare. In più il bonifico, perché è il metodo più gettonato tra professionisti del settore che comunque sono abituati a fare home banking.

 

M.S.: Qual è stato l’ordine più alto che avete avuto?

G.A.: Noi gestiamo restauri completi, quindi ci troviamo addirittura ad avere a che fare con un ordine di 24-25 mila euro. Sono restauri in cui si fa una lista iniziale importante, perché la macchina è da fare da zero. Vetture comunque importanti, che hanno uno storico, delle peculiarità. Il cliente, spesso, decide di fare un acquisto unico, anche per avere un’offerta migliore. Ovviamente non capita tutti i giorni, perché non tutti i giorni si restaurano auto così importanti e perché devi trovare la persona che si fida a investire sulla tua azienda e ad affidarsi completamente a te per una fornitura così importante. Oggi, dopo aver fatto comunque vari passaggi, abbiamo implementato quello che GestPay, che è un servizio di Banca Sella, Amazon Pay, perché ci siamo accorti che è uno dei metodi di pagamento più comodi perché i clienti Amazon sono tantissimi, e ovviamente abbiamo introdotto anche Scalapay, che è uno dei trend dell’ultimo anno, per consentire, visto il carrello medio elevato, di poter affrontare a rate e in modo più leggero. Per quanto riguarda le frodi, possiamo ritenerci abbastanza fortunati perché siamo tutelati dal fatto che il pagamento deve arrivare prima della gestione. Quindi, grossi problemi non ne abbiamo mai avuti. Le frodi, intese come mancati pagamenti, le abbiamo più quando il cliente ha una certa continuità. Ci è capitato di arrivare a un certo punto con clienti importanti, con i quali abbiamo gestito migliaia e migliaia di euro di ordini perché magari sono professionisti del settore oppure collezionisti, e poi arrivano a fare ordini di 2-3-400 euro e non ti pagano senza un motivo reale. Mi è capitata poi, nei primi periodi, una frode da Malta dove ho  spedito dei ricambi per un ordine abbastanza importante. Un cliente, appunto, basato sulla fiducia perché già ci collaboravamo, mi ha mandato una ricevuta che si è rivelata non veritiera di un bonifico e ovviamente i ricambi sono stati persi. Il problema è che non hai armi affilate per poterti difendere

 

M.S.: Punto critico dell’ecommerce, di solito, è la logistica: quindi, qual è il vostro approccio?

G.A.: Come dicevo prima, noi lavoriamo sul bisogno. Il che ci mette nella condizione di avere 99 voci a catalogo e a magazzino e il cliente che chiama e che vuole solo la centesima voce. Ovviamente per un motivo di costi e per motivi di spazio, è impossibile avere tutto a terra. Quindi ci dobbiamo adeguare: il magazzino viene modulato ad hoc, riassortiamo quello che è più urgente. Cerchiamo di avere sempre disponibili ricambi urgenti, è ovvio che se serve una tipologia particolare di prodotto diamo dei tempi di consegna precisi e, nel 99% dei casi, li rispettiamo. Per quanto riguarda le spedizioni, gestiamo corrieri espresso per quanto riguarda pacchi relativamente piccoli, fino a 25 chili, mentre per spedizioni più grandi, quali pallet che arrivano anche a quattro metri di lunghezza, abbiamo un corriere che ci garantisce un servizio dedicato sia per il valore della merce che per i volumi. Ci siamo dovuti strutturare per avere una gestione, e quindi un magazzino, e tutto quello che ne deriva. È un po’ la parte difficile del lavoro. Faccio un esempio: su eBay se dici che il pacco viene spedito in 24 ore devi necessariamente spedire in 24 ore. Di conseguenza se hai errori nel catalogo e nell’inventario avrai solo risultati negativi su eBay. Stessa cosa se chiama il cliente al telefono, il ricambio deve partire. Sono tante piccole cose che vanno poi a fare la differenza alla fine sul rapporti con i clienti.

 

M.S.: Qual è stato l’impatto del COVID sui vostri processi?

G.A.: Noi non siamo stati intaccati dalle chiusure, perché essendo solamente ecommerce e avendo quindi pubblico, abbiamo potuto comunque continuare a operare. È successo però che l’indotto si è fermato nel senso che officine, carrozzieri, restauratori e le attività che non erano primarie si sono fermate. Più che fermarci noi è stato tutto il settore che si è fermato, perché mancava proprio la richiesta. Ne abbiamo approfittato anche noi per rimodularci: abbiamo fatto un po’ di sistemazioni interne all’azienda, come magazzino, inventario e tutti quei lavori che sono stati sempre rinviati per motivi di tempo e fretta. Per quanto riguarda la parte interna, a parte le normative, non abbiamo avuto grandi necessità di adeguare perché ognuno ha la postazione e i suoi spazi. L’unico grosso problema che abbiamo avuto sono state un po’ le fiere, ma è stata più una scelta che un problema perché alcune fiere sono state comunque fatte l’anno scorso e ci saranno anche quest’anno. Però essendosi appunto fermato l’indotto c’è stato un calo del 70-80% dell’affluenza delle persone. Quindi, di conseguenza, a parità di costo, avremmo avuto un pubblico dell’80% inferiore.

 

M.S.: Ultima domanda in chiusura: un consiglio a chi vuole scalare il proprio business online.

G.A.: Noi, a un certo punto, ci siamo resi conto che era necessaria una presenza multicanale. Questo ti consente di avere il pubblico dell’ecommerce, l’offline, da eBay, da Facebook. È uno scalare anche questo: dedicarsi a pubblici diversi. Se tu replichi il servizio che già fai per tipologie di clienti diversi, quindi Facebook, ecommerce, Instagram stai già scalando un business che avevi prodotto per una certa tipologia di mercato. Sicuramente è necessario fare test nel senso che per andare avanti devi avere bene a mente quello che hai fatto fino a oggi, imparare dagli errori. Personalmente ho l’opinione che impari più da dieci errori piuttosto che da dieci cose fatte bene. Quindi portare l’esperienza dell’errore e soprattutto ragionarci sopra, ma ragionarci realmente. Questo ti consente di poter allargare gli orizzonti e avere una visione più chiara dei punti dove andare, perché se su dieci strade otto le scarto perché ho già fatto lo stesso errore, posso puntare direttamente su le due corrette e investire più tempo e più risorse su quelle. Ci vuole sicuramente un’apertura mentale nei confronti di tutto quello che è il mondo del business, nel senso che limitarsi a fare ciò che oggi facciamo bene e riproporlo fra vent’anni nello stesso modo non funziona. Noi siamo la prova di questo: c’era un mercato di nicchia, il mercato è sempre lo stesso, siamo entrati noi tramite di ecommerce e chi prima faceva parte di questo settore ha visto calare volumi e fatturati perché c’erano i nuovi arrivati. Se un domani ci sarà un nuovo metodo di pagamento, una nuova tipologia di trasporto, va implementata perché il cliente vuole stare anche lui al passo degli aggiornamenti del settore. Quindi riflettere molto sugli errori e su come portare migliorie, anche prendendo semplicemente spunto da altri settori. Capire come poter applicare questi spunti nella propria nicchia. L’imprenditore che si affaccia in questo mondo e vuole comunque continuare a incrementare, deve necessariamente mettersi in discussione altrimenti rimane delle sue idee. Un’altra cosa fondamentale: è importante circondarsi anche delle persone giuste. Quindi i collaboratori, i consulenti, devono avere necessariamente a cuore il progetto perché altrimenti se diventa solo lavoro lo vivranno come un lavoro se dovranno fare qualcosa in più - non parlo di sacrifici economici - ma di tempo e attenzioni. È importante che chi lavora insieme a te condivida con te la passione di quello che stai facendo.

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